E’ così che si uccide, l’esordio di Mirko Zilahy

Mirko Zilahy, giovane scrittore romano, laureato in lingue e letterature straniere, è traduttore letterario dall’inglese presso numerose case editrici (Fazi, Rizzoli, Longanesi, ecc.)

Nel 2014 ha tradotto Il Cardellino di Donna Tartt,  vincitore del Premio Pulizer per la narrativa nel 2014 in italia edito per la Rizzoli.

Quest’anno è uscito il suo primo romanzo dal titolo: E’ cosi che si uccide. Edito dalla Longanesi. Attualmente è in corso la traduzione del libro in tedesco, spagnolo, francese, turco, greco, olandese.

Un ringraziamento a Fausto Bailo che l’ha intervistato per noi e, come sempre, alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn), che ha collaborato fattivamente.

Quando è nata in lei la passione per la scrittura?

“Sono sempre stato un appassionato lettore, ma ho iniziato ad apprezzare il piacere della scrittura al tempo della mia tesi di laurea in Lingue e Letterature Straniere su Dracula di Bram Stoker. Poi l’ho esercitata durante gli anni del Dottorato a Dublino.

Quando sono rientrato in Italia ho preso il tesserino da pubblicista e ho scritto parecchie recensioni. Sono traduttore e infine, ma proprio per ultima, è arrivata la curiosità e la passione per la scrittura cosiddetta creativa”.

Quali sono le sue letture preferite?

“Soprattutto anglofoni. Wilde e Stoker (Il ritratto di Dorian Gray e Dracula sono libri che amo moltissimo), Joyce e Poe, Dickens e Stevenson (Il canto di Natale e Dr Jekyll e Mr Hyde). Poi Leopardi, Svevo, Palazzeschi, Gadda, Manganelli. Tra i thrilleristi Shane Stevens, Deaver, e chiaramente il grande King. Ma anche in Italia abbiamo dei grandi narratori di genere, come , Carrisi, Faletti, Costantini, De Giovanni”.

Quale è stata la scintilla che l’ha portata al suo primo romanzo?

“Un’esperienza personale molto dolorosa che non riuscivo a mettere da parte. così ho pensato che potesse essere una buona idea sistemarla nella forma di un romanzo. Non posso svelare di più… chi vuole sapere deve leggere”!

Quando ha preso forma il suo personaggio letterario il commissario Mancini?

“Ancor prima di iniziare a scrivere È così che si uccide. Nel 2009 avevo preso, per gioco, a tratteggiare il carattere e la fisionomia di un funzionario di polizia su un’agenda, poi nel tempo si sono aggiunti caratteristiche, particolari come i suoi immancabili guanti di pelle. La storia è venuta solo molto tempo dopo, quando il commissario Mancini ha incontrato il mio dolore più grande”.

Descriva con tre aggettivi il commissario Mancini?

“Enrico Mancini è contro, è nero e tagliente”.

L’ambientazione del suo romanzo, secondo lei, si rispecchia nella poesia di Pier Paolo Pasolini “Io sono una forza del passato”?

“Tutto il romanzo vive di un’atmosfera di morte simbolica che è spesso rappresentata con le rovine e i ruderi dell’archeologia postindustriale del Porto Fluviale e delle officine del gas, luoghi carissimi a Pasolini.

Credo che sia il personaggio più importante del romanzo, la mia Roma, quella del mattatoio di Testaccio e del grande Gazometro. Il personaggio che ha appassionato tanti lettori all’estero che ci hanno visto una scelta precisa, quella di non raccontare sempre la stessa capitale da cartolina”.