Maura Maffei ci parla di La fragilità della farfalla

Maura Maffei ci parla di La fragilità della farfalla

Maura Maffei è una erborista, soprano lirico, profonda conoscitrice della lingua e della cultura irlandesi.

 

Maura Maffei

Maura Maffei

Autrice, insieme a Rónán Ú. Ó Lorcáin del primo volume di una avvincente trilogia dal titolo: La fragilità della farfalla edito Parallelo 45 Edizioni.

 

Rónán Ú. Ó Lorcáin è tecnologo, musicista e traduttore. Dopo molti anni vissuti in Italia, è tornato in Irlanda dove si dedica anche all’attività di linguista.

Primo capitolo della trilogia “Dietro la tenda”, interamente ambientata nell’Irlanda nel XVIII secolo, “La fragilità della farfalla” nasce da un intenso studio sulla cultura e le origini linguistiche irlandesi, durato cinque anni, che ha permesso di arricchire il testo con parole ed espressioni in gaelico, soprattutto nei dialoghi.

Sullo sfondo maestoso del Connemara, due famiglie di antica nobiltà, legate da relazioni di amicizia e parentela prima, e di odio e forte rancore poi, intrecciano ancora una volta i loro destini con il ritorno in patria di un gruppo di esuli, rimasti a lungo in Austria e tornati in Irlanda con una missione ambiziosa.

Intendono infatti combattere le Leggi Penali che permettono agli inglesi di mantenere sotto il loro giogo dominatore gli irlandesi, impedendo loro di professare la fede cattolica e perfino di guadagnare dal proprio lavoro.

Ma il progetto pericoloso viene ostacolato dalla nascita di un sentimento d’amore tra il coraggioso capitano Bran e la bella Labhaoise, figlia del suo più acerrimo nemico.

Un ringraziamento speciale a Fausto Bailo che l’ha intervistato per noi e alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) che, come sempre, ha collaborato fattivamente.

Che cosa ti ha spinto a passare da lettrice a scrittrice?l_883c5d9754

“In realtà è successo molti anni fa e, all’inizio, non è stata una scelta mia: altri si sono accorti che avevo una precoce capacità di descrivere e di fissare riflessioni condivisibili nello spazio breve e scintillante di una frase.

 

Mi vengono in mente sia la mia maestra di prima elementare che era rimasta stupita che io avessi inventato una storia con le penne e le matite che avevo nell’astuccio, sia i miei insegnanti delle medie che, dopo un compito in classe di italiano, si riunivano in aula professori per leggere e commentare i miei temi. Da lì il passo è stato breve e ho cominciato a partecipare ai primi concorsi letterari e a vincerli.

Maturando, ho deciso di scrivere romanzi storici perché mi permettono di proporre al lettore un dialogo sulle problematiche del mondo di oggi attraverso la straordinaria metafora che ci offrono gli eventi del passato e di prediligere come ambientazione l’Irlanda, con i suoi paesaggi mozzafiato e la gente dal carattere irruente e indomabile. Sono all’ottava pubblicazione e credo che, per quanto mi riguarda, la ricetta con questi due preziosi ingredienti funzioni davvero”.

Da dove è nata l’ispirazione che ti ha spinto a scrivere questo testo?

“A dire il vero, c’è un terzo ingrediente, forse il più importante per me, che mi sollecita a scrivere: i miei sono romanzi di ispirazione cristiana. Ebbene, oggi che sta diventando sempre più drammatica la persecuzione religiosa nel mondo (Africa, Medio Oriente, Asia) e che con il massiccio fenomeno delle migrazioni si sta affacciando ormai alle porte d’Europa, mi sembrava importante coinvolgere il lettore in una sincera riflessione su questi argomenti, raccontandogli la storia delle terribili persecuzioni che i cattolici d’Irlanda subirono da parte degli anglicani nel corso del XVIII secolo, quando erano in vigore le famigerate Leggi Penali. La storia narrata, però, vuole essere anche un ponte verso altre culture e verso l’ecumenismo, quasi a dimostrare che in quegli anni le lotte religiose erano la facciata di comodo per nascondere l’asprezza della politica egemonica inglese ai danni dell’Irlanda.

Desideravo infine analizzare ciò che si agita nel cuore dell’uomo: il male che lo tenta spingendolo a precipitare in un abisso e il bene che tutto trasfigura, il bene che compie meraviglie riscattando l’uomo anche quando cade; perché proprio allora io sono convinta che ci sia una mano d’amore infinito, la mano potente di Dio, che non lo lascia affondare nelle tenebre dei suoi errori”.

Quando è nata la collaborazione con Rónán Ú. Ó Lorcáin?

Rónán è un carissimo amico da tanti anni: ha abitato per un decennio qui in Italia e adesso è tornato a vivere nella sua Dublino. Quando lavoravo per il mensile “Keltika” (la mia collaborazione è durata dal 2001 al 2007, anno della chiusura del magazine), mi ha sempre dato un grande aiuto per i miei reportage sulla storia e la cultura irlandesi.

Così, più di cinque anni fa, gli proposi di scrivere un romanzo a quattro mani che narrasse il periodo delle Leggi Penali in Connemara, con l’intento di proporre ai lettori una storia davvero irlandese, lontana da quegli stereotipi che fanno dell’Isola di Smeraldo la patria di un certo folclore consumistico. L’idea gli piacque moltissimo e così è cominciata la nostra avventura insieme.

Io ho curato soprattutto l’aspetto narrativo, creando un intreccio accattivante che potesse catturare l’attenzione del lettore; lui ha donato al romanzo un’ambientazione storica e geografica precisissima e ha inserito nei dialoghi brevi frasi in lingua irlandese, assai diversa dall’inglese, per farne apprezzare la bellezza anche qui in Italia. Del resto quasi tutti i personaggi che abbiamo inventato insieme hanno nomi irlandesi, a cominciare dai protagonisti Labhaoise, Bran e Úgaine.

l'ala del corvoAbbiamo poi inviato la nostra opera a Parallelo 45 Edizioni, che ha un’ottima collana per i romanzi storici, e ci è stato proposto di suddividerla in una trilogia perché era troppo vasta per pubblicarla in un volume unico. Ogni parte in effetti era ben definita, con una sua conclusione particolare e addirittura con una focalizzazione diversa.

 

La fragilità della farfalla” è dunque il primo volume della trilogia “Dietro la tenda”. A breve uscirà L’ala del corvo, che è il secondo volume, e poi arriverà in libreria anche il terzo episodio, ossia L’astuzia della volpe”.

Come è nata l’idea di ispirare il racconto all’Irlanda del 1746?

“Per me l’Irlanda è la patria del cuore e, come già anticipato, mi premeva narrare al lettore italiano la persecuzione religiosa che i cattolici irlandesi dovettero subire nel XVIII secolo, forse il periodo più cupo della dominazione britannica sull’isola. Il 1746 non rappresenta una data individuata a caso, ma si basa su una di queste leggi entrata in vigore l’anno prima, ossia nel 1745, che impediva il matrimonio tra cattolici e anglicani.

Così se una ragazza anglicana accettava di sposare il suo innamorato cattolico, per la legge inglese era considerata semplicemente la sua concubina. Questo particolare va a complicare una trama già abbastanza densa di avvenimenti, perché sullo sfondo maestoso del Connemara, due famiglie d’antica nobiltà, che in novant’anni di storia hanno intessuto tra loro relazioni d’amicizia, d’odio e d’amore, due famiglie decadute che per mantenersi sono costrette ad allevare pecore e a venderne la lana in Bretagna con il contrabbando, si trovano coinvolte in una circostanza inaspettata: il ritorno in patria di un gruppo di uomini che per anni hanno vissuto in Austria.

Chi sono? Carpentieri? Lavorano infatti in una sospetta falegnameria che sorge solitaria in mezzo alla campagna. Ma un’altra è la loro identità. Nell’epoca drammatica delle già citate Leggi Penali, quando i cattolici erano privati d’ogni diritto, erano costretti al contrabbando per sfamare i loro figli, la messa era vietata e i sacerdoti erano considerati fuorilegge, ebbene, proprio in quest’epoca oscura un vescovo e cinque preti, protetti da alcuni dragoni che hanno scelto come capo Bran, un colonnello dell’imperatrice Maria Teresa d’Absburgo, sfidano gli inglesi e, sotto mentite spoglie, si mantengono fedeli alla loro vocazione e si dedicano a una missione di pace. Se venissero scoperti o traditi, sarebbero tutti condannati alla forca.

Roscommon, Ireland

Roscommon, Ireland

Il vescovo Caoimhín è lo zio della bella Labhaoise, di cui s’innamorano sia un giovane cattolico dal carattere impetuoso, che come gli altri veste i panni dimessi del falegname, sia l’astuto pastore anglicano del villaggio. La scelta di lei li rende rivali.

 

Eppure si tratta per entrambi di un sentimento tanto profondo quanto impossibile, perché un atroce delitto commesso in passato dal padre della ragazza, il diabolico Colla Clare, è rimasto impunito e adesso, mentre gli eventi si susseguono inarrestabili, pretende vendetta”.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire il tuo libro quali useresti?

“Prenderò in prestito quelli che mi ripetono più spesso coloro che, in questi mesi, hanno già letto il romanzo: intrigante, romantico, misterioso!

Come lettrice definiresti questo libro una rivisitazione in chiave irlandese dell’opera di Rafik Schami Il lato oscuro dell’amore?

Confesso di non conoscere questo libro, perché sono un po’ diffidente verso la narrativa contemporanea: temo sempre di imbattermi in scene che urtino in qualche modo la mia sensibilità, perché troppo truculente o fastidiosamente erotiche. Adoro invece gli scrittori francesi a cavallo tra Ottocento e Novecento. Tuttavia, sono andata a cercare notizie su internet riguardo a “Il lato oscuro dell’amore” di Schami e ho trovato la trama curiosamente analoga a quella dello straordinario romanzo di Henry Bordeaux intitolato “Yamilé sotto i cedri”.

Non saprei dire se “La fragilità della farfalla” assomigli al testo di Schami: come sensazione a pelle, basandomi solo sul titolo, direi che la visione dell’amore differisce. Per me l’amore è solo luce perché è costruito sull’abnegazione, sul gioioso dono di sé, sul coraggio di togliere dal centro della vita lo straripante io individualistico, per sostituirlo con un tu che spesso diventa persino un Tu con l’iniziale maiuscola, perché si apre al dialogo con Dio.

Non ci può essere nulla di oscuro nell’amore, che è generosità e sacrificio perIl lato oscuro dell'amore un bene più grande. Purtroppo le tenebre si annidano nella passione, nella possessività, nell’egoismo che ci porta a utilizzare gli altri come se fossero oggetti, senza rispettarne la dignità unica e irripetibile.

 

Il nostro romanzo sfiora anche questi aspetti, naturalmente, perché abbiamo creato un “cattivo” che trama delitti e intrighi, ma per fortuna resta un inno solare all’amore vero che nella sua purezza non teme le insidie e che sa irradiare anche le circostanze negative dell’umano esistere con la saggezza dell’attesa e della rimembranza. È un amore che lotta e che vince, che non si consuma nel semplice appagamento dei sensi, ma che sa aspettare il momento opportuno per mutare le avversità nel riscatto di se stessi e degli altri, per il bene comune”.

Se possedessi la macchina del tempo quale scrittore ti piacerebbe incontrare?

“Senz’altro René Bazin: non è molto conosciuto, ormai, ma i suoi romanzi sul cristianesimo sociale in Francia, che scrisse tra Ottocento e Novecento, andrebbero davvero riscoperti. Se per assurdo potessi incontrarlo, gli racconterei la mia gioia nel leggere il suo capolavoro “Magnificat” e gli chiederei di dialogare a tu per tu sulla Bretagna che io amo quasi quanto l’Irlanda e che lui magistralmente descrisse nelle sue opere”.

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