‘La scienza dura che si fa fragile’ di Lisa Dell’Arsina

‘La scienza dura che si fa fragile’ di Lisa Dell’Arsina


La scienza dura che si fa fragile

I medici scrittori di malattia mentale tra Novecento e Nuovo millennio

di Lisa Dell’Arsina

(2025, Tra le righe libri)


Chi è l’autrice

Lisa Dell’Arsina, nata a Lucca, da sempre appassionata di letteratura e Studia Humanitatis. Si laurea nel 2021, presso l’Università di Pisa, in Lettere moderne e nel 2024 in Italianistica, con una tesi di laurea volta ad indagare il complesso rapporto tra scrittura, medicina e malattia mentale.

In seguito ad alcune esperienze di insegnamento scolastico, attualmente sta completando la sua formazione per divenire docente di scuola secondaria e lavora nell’ambito della didattica digitale.

Di cosa parla il libro

Gli Ospedali dei Pazzinacquero in Italia a partire dal Cinquecento, tramutandosi in manicomio nel corso del XVIII secolo. Fu Tommaso Garzoni, nel 1586, a fornire la prima descrizione irriverente, grottesca e accurata delle figure incontrate durante il suo viaggio allegorico in uno di quei luoghi, con il suo trattato L’Ospidale de’ pazzi incurabili.

 

Con il Novecento, le produzioni letterarie che tentano di dare voce all’esperienza del turbamento psichico si moltiplicano affermandosi, nel nuovo millennio, come vero e proprio topos letterari.

 

Il saggio propone l’analisi e la ricognizione di testi letterari stesi da medici scrittori che, nel corso di due secoli e della loro professione psichiatrica, hanno avvertito l’esigenza di rendere testimonianza del contatto con la malattia mentale. Alcuni più noti, altri sconosciuti o dimenticati, mai del tutto colpevoli o vittime, aggrappati alla forza salvifica della scrittura. Il volume raccoglie inoltre le interviste di alcuni di loro e propone un percorso didattico, con l’ausilio di saggi divulgativi curati da medici scrittori, volto all’avvicinamento a questo complesso tema, attraverso la letteratura, l’arte e il costume popolare.

Cosa ne penso

Da Paolo Crepet a Roberto Lorenzini, da Marco Ercolani a Piero Cipriano, da Eugenio Borgna a Paolo Milone, da Furio Gubetti a Giacinto Buscaglia e Franca Pezzoni. La poesia e la narrativa come terapia usando la parola e il silenzio.

In questo saggio per la prima volta si ricostruisce il rapporto dei medici-scrittori del nuovo Millennio che affrontano la psichiatria post manicomio.

Il libro di Dell’Arsina si ritaglia – scrive la docente universitaria Marina Riccucci – uno spazio tutto suo nell’area dell’indagine e delle ricerche in corso: il suo saggio è una rielaborazione della tesi magistrale, discussa nell’anno accademico 2024 e offre, in un linguaggio chiaro e puntuale, una sintesi e una panoramica su alcune delle opere narrative scritte e pubblicate in un arco di tempo che va dai primi del Novecento a oggi.

Una rassegna condotta con scrupolo, in uno stile chiaro e piano, e che sa coniugare le informazioni di base con l’estetica della pagina divulgativa: i dati – editoriali, storici, finanche critici – sono sostenuti infatti, sempre, dalla citazione di passi suggestivi delle opere letterarie.

Corrado Tumiati, di cui nel 1931 esce I tetti rossi, accanto a Paolo Milone, che nel 2021 ha suscitato scalpore e un’onda di polemiche con il suo L’arte di legare le persone; Rosario Ruggeri, che nel 1949 pubblica Fra malati di mente, accanto a Eugenio Borgna, una penna sensibile e devota all’ascolto gentile (2017).

Questo libro porta il lettore dentro un universo di cui ancora si parla e si sa troppo poco e si presenta ai lettori come un viaggio e come un invito, facendo conoscere opere che sanno affascinare, che parlano a tutti: opere, tutte, scritte da psichiatri che hanno sentito il bisogno di rendere testimonianza del mondo nel quale il disturbo psichico fagocita, inghiotte, stritola la mente.

Alcuni di questi testi sono stati stampati una sola volta e tanti, troppi, anni fa: l’auspicio è che – anche grazie a questo volume – possano vedere nuove edizioni e arrivare a occupare gli scaffali delle librerie e delle biblioteche dell’oggi. Perché le parole che ne segnano le pagine sono in grado di insegnare a tutti noi ad ascoltare le voci della follia e a capire la sofferenza e la solitudine alle quali la follia condanna.

Ciò che ne emerge è la potenza del testo letterario, capace di travalicare lo spazio-tempo e raccontare, anche se con parole incerte e confuse, le insidie di una professione che, da scienza dura, si fa fragile e incredibilmente umana.


Commento di Marina Riccucci, docente universitaria.


 

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