“Roma-Maremma Express” racconti firmati Enrico Bistazzoni

“Roma-Maremma Express” racconti firmati Enrico Bistazzoni


Roma-Maremma Express

di Enrico Bistazzoni

(Edizioni Sigem 2021)


Chi è Enrico Bistazzoni

E’ stato dal 2000 al 2013 redattore presso la Fazi Editore di Roma, occupandosi di correzione di bozze, editing, scrittura dei testi per bandelle e quarte di copertina, schede introduttive di opere e di autori e traduzioni dall’inglese (Bradbury, Shakespeare) e dallo spagnolo (San Giovanni della Croce). Attualmente collabora con agenzie editoriali, tra cui ALI (Agenzia Letteraria Internazionale), e altre sigle editoriali (Edizioni di Atlantide).

Enrico Bistazzoni

Ha pubblicato alcuni libri di storie e tradizioni locali. In ambito giornalistico, è stato per molti anni corrispondente del quotidiano Il Tirreno, e redattore e collaboratore di emittenti televisive locali (servizi e conduzione di Tg e trasmissioni sportive).

Dal 2013 partecipa alla trasmissione culturale QuanteStorieVuoi su TV9 dove ha curato per due edizioni lo spazio Errata Corrige incentrato su curiosità, analisi e segreti del mondo dell’editoria e, nelle due successive, un altro spazio Note a margine in cui si illustra, in tre minuti, la storia di un classico della letteratura e del suo autore.

Di cosa parla il libro

Roma-Maremma Express (Edizioni Sigem 2021) è una raccolta di 56 racconti brevi, scritti un po’ di più di uno alla settimana, anzi ogni weekend dal 7 gennaio al 19 dicembre 2020, uno all’andata e uno al ritorno per e da Roma all’Argentario.

 

Si perché ognuno di questi bozzetti dal tratto leggero che compongono il libro sono ambientati in treno – con qualche divagazione tra biglietteria, stazioni e dintorni – e raccontano la vita da pendolare dell’autore, da studente prima e da lavoratore poi, in viaggio tra l’Argentario e la Capitale: dalla piccola e periferica stazione di Orbetello alla caotica e cosmopolita stazione Termini. E viceversa. Il racconto nasce e finisce per lo più dentro alla carrozza di un treno, dove gli occhi attenti di Enrico Bistazzoni osservano, registrano, captano particolari da memorizzare e trasferire saranno sulla carta.

 

Intorno, a fare da campo lungo, gli scorci della città eterna, della sua periferia e delle sue bellezze, ma anche della campagna lungo la ferrovia, visti dall’occhio del pendolare, che non ha mai rinunciato al treno anche quando avrebbe avuto la possibilità di andare in macchina. Ma vuoi mettere? Cambiare l’anonima autostrada e il comfort della vettura con gli incontri in treno?

 

Non ci sarebbe stato questo godibilissimo libro e tutti i suoi personaggi senza le ore macinate sulla strada ferrata e non ci si sarebbe nemmeno accorti dei cambiamenti, della modernità troppo veloce, che in pochi anni spazza via biglietterie e bigliettai, sostituisce il fattorino con un anonima obliteratrice a ogni pilone della stazione, velocizza i contatti umani e li fagocita. Fino a fermarsi essa stessa davanti alla pandemia, a quel microscopico microrganismo che, come una minuscola pietra in un gigantesco ingranaggio, la ferma. E ferma tutto il resto. Mille scene, mille storie, tra gentleman irreprensibili e tipi scalmanati, eleganti lady e urlatori insopportabili, tra realtà, ricordi e immaginazione.

Che cosa ne pensa Lina Senserin (*)

Che Enrico Bistazzoni conosca il mestiere della penna è cosa nota. Come lo è la sua capacità di mettere insieme eleganti architetture di parole, rimaneggiando storie altrui, che implacabilmente edita e trasforma in altro (e in meglio). Questo, del resto, è il suo lavoro.

Ma stavolta ha voluto fare di più e si è divertito – conoscendolo ne sono certa – a tratteggiare una serie infinita di personaggi che ha incontrato sul treno, in viaggio tra Orbetello e Roma. Più che personaggi sono tipi, quelli che chiunque sia salito almeno una volta sulla carrozza di un Locale, di una Freccia o di un Intercity ha certamente incrociato.

Seduto al suo posto, Bistazzoni osserva, mescola qualche ricordo, immagina e infine racconta, descrivendo con pochi tratti di penna, come in un quadro impressionista, indimenticabili scene di vita in treno. E lo fa così bene da portare in viaggio lo stesso lettore, trascinato da un turbinio di voci, rumori, facce, vedute dal finestrino, pensieri, riflessioni, sferragliare di rotaie.

 

Roma-Maremma Express è, dunque, molto di più di un diario di viaggio, benché ogni racconto porti una data compresa tra il 7 gennaio e il 19 dicembre 2020. Quel tratto di strada ferrata raccontato dall’autore è un film a colori, in cui il treno è la casa di una grande famiglia (quella dei pendolari), che si mescola agli ospiti del momento: i turisti una tantum, l’uomo d’affari e la donna in carriera, il ragazzotto che spippola sul cellulare, la ragazzina che ascolta la musica persa nelle sue cuffiette. E per colonna sonora, suoni e rumori, cellulari che riempiono l’aria di improbabili suonerie e conversazioni private condivise con l’intera carrozza.

Il treno diventa così una metafora della vita, tra chi scende, chi sale, chi resta per tutto il viaggio, chi se ne va già alla fermata successiva, chi si siede, chi non trova posto e non trova pace, chi si porta dietro il bagaglio pesante della vita, chi viaggia leggero. Al capolinea le carrozze si svuotano e restano le tracce di chi è appena sceso: avanzi, briciole, carte, bottigliette e lattine, qualche volta un giornale spiegazzato o una rivista, altre ancora appena l’impronta del corpo sul sedile.

Non è detto che Enrico Bistazzoni abbia voluto dare questo taglio esistenziale ai suoi racconti, ma pure si sente tra le righe. Il che non impedisce di ridere e sorridere, di godersi il viaggio insieme a lui, con un occhio (e un orecchio) che guarda e registra quello che gli succede accanto e l’altro volto al finestrino alla ricerca delle forme familiari del paesaggio di casa.

Quante corse trafelato a zig zag con il trolley nella chilometrica stazione – scrive Bistazzoni  nella prefazione – quanti viaggi in condizioni particolarmente disagevoli. Ma vogliamo mettere tutto quello che ho visto e conosciuto? Credo fermamente che la mia percezione dell’umanità sarebbe stata diversa se non avessi percorso tutti quei chilometri su due binari a bordo di uno sferragliante mezzo di locomozione dalla discutibile comodità e dall’altalenante affidabilità. Anzi, forse non sarei quello che sono”.

 

Allora merita proprio salire in carrozza e godersi il viaggio insieme all’autore, perché alla fine, per amore o per forza ci si ritrova tutti sullo stesso treno.


(*) Recensione a cura di Lina Senserini, docente e giornalista


 

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