Recensione libro – C.G. Jung – Seminari Lo Zarathustra di Nietzsche

 

C.G. Jung – Seminari Lo Zarathustra di Nietzsche Seminario tenuto nel 1934-39 a cura di James L. Jarrett. Volume primo: maggio 1934 – marzo 1935. Bollati Boringhieri Editore, 2011, 484 pp.

 

Recensione a cura di Paolo Verucci, scrittore

 

 

Alla vigilia della seconda guerra mondiale Carl Gustav Jung ci conduce, con uno stile ironico e colloquiale e mai pedante, stimolato dai circa 80 seminaristi che compongono il suo uditorio, all’esplorazione psicologica di uno dei libri più corrosivi e difficili di fine ‘800 il “Così parlò Zarathustra” del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. Per chi ha letto il libro, l’analisi del testo da parte di Jung va dalla Prefazione diZarathustra al Capitolo Del pallido delinquente dei Discorsi di Zarathustra. I successivi volumi affronteranno la totalità dell’opera.

All’inizio del libro Jung ci conduce alla scoperta dell’antica religione persiana a cui si collega la figura di Zarathustra, approssimativamente vissuto tra il VII ed il IX secolo a.C. e più noto con il nome Zoroaster derivato dal greco. Jung ci spiega che proprio “tutte le ambiguità e le contraddizioni presenti nel dogma cristiano possono venire riscontrate anche nella religione persiana” dato che “il dogma cristiano è per la maggior parte di origine persiana, proviene dalle tradizioni zoroastriane”. Ancora più chiaramente lo stesso Nietzsche parlando di Zarathustra in un’altra delle sue opere affermò che Egli fu il primo a vedere nelle lotta tra il bene ed il male la vera ruota che spinge le cose, creando questo errore fatale, la morale: di conseguenza Egli deve essere il primo a riconoscere quell’errore, da cui è consequenziale, con il crollo degli antichi valori dogmatici, la celebre espressione di Neitzsche “Dio è morto” (Prefazione di Zarathustra).

Ma veniamo al nocciolo del libro di Neitzsche che è tutto teso, anche tramite l’utilizzo di immagini allegoriche (vedi l’Aquila ed il Serpente nella Prefazione di Zarathustra) alla conciliazione delle coppie di opposti, al superamento del dualismo Bene/Male; questo processo, secondo l’interpretazione di Jung, a livello individuale si esplicita nell’accettazione di quella parte d’Ombra (le “qualità negative”) di ognuno di noi che è indispensabile per la realizzazione della personalità e senza la quale è impossibile il processo di individuazione, il nucleo su cui ruota tutta la visione psicologica di Jung.

Ora veniamo ad un momento chiave del libro, quando Jung, figlio di un pastore protestante (come lo stesso Nietzsche), proteso a confrontarsi con l’eredità del Cristianesimo e stimolato in questo dalla stessa attenta lettura ed interpretazione del “Così parlò Zarathustra”, individua nella dottrina cristiana un elemento che si oppone proprio a quel processo di individuazione. In primo luogo perché essa individua in qualcosa di esterno all’Uomo – il Diavolo – l’origine di ogni atto malvagio sottraendogli così la responsabilità morale delle sue scelte. In secondo luogo la dottrina cristiana individua una serie di precetti morali a cui attenersi che privano l’individuo di ogni libera scelta; o con le parole di Jung “senza libertà non c’è vera moralità; c’è soltanto un attenersi alla legge, un obbedienza più o meno completa basata sul principio del <<tu devi>>. E tutto ciò non ha nulla che vedere con l’etica: viene chiamato moralità, ma non è certamente una vera responsabilità etica”. In quest’ultimo passo Jung nelle parole <<tu devi>> cita chiaramente Nietzsche quando nello splendido Capitolo Delle Tre Metamorfosi dei Discorsi di Zarathustra contrappone al sistema di valori tradizionali personificati nel grande drago (sintetizzato nel citato tu devi) lo spirito libero del leone che dice <<Io voglio>>.

Nell’ultima parte del libro (Seminari invernali del 1935) Jung ancora più duramente, riferendosi alla Chiesa afferma “E’ così indicibilmente immorale da rendere necessario un uomo come Nietzsche, che filosofa con il martello e manda in frantumi l’intera dannata costruzione. E’ immorale far si che le persone rimangano al di sotto del proprio livello: devono assumersi la propria responsabilità e non proiettare i loro dubbi e Dio sa che altro sul Signore”.

COSA NE PENSO

Nell’ introduzione al volume il curatore dell’opera, James L. Jarrett, afferma <<Il confronto scritto tra giganti della storia intellettuale è sempre carico di grande fascino e non di rado eccezionalmente illuminante>>. Un affermazione che non si può che sottoscrivere. I seminari di Jung non solo forniscono una chiave interpretativa dell’opera di Nietzsche, non di rado travisata (come ad esempio nell’ascrivere il filosofo a profeta del nazionalsocialismo) e non sempre di facile comprensione, ma conduce il lettore in un viaggio affascinante attraverso i tempi alla scoperta della spiritualità e religiosità umana. Non mancano riferimenti, sempre estremamente puntuali grazie anche alle note del curatore del volume, alle religioni orientali, a religioni e culti più antichi del cristianesimo, al paganesimo (che tanto ha influenzato la stessa religione cristiana), alla spiritualità dei popoli naturali primitivi. Non mancano i riferimenti al Nuovo Testamento, per il quale Jung con precisione sorprendente dimostra come in diversi casi il testo biblico sia stato interpretato dai teologi ortodossi in modo completamente opposto al messaggio originario di Gesù Cristo. Parallelamente Jung, sempre mirabilmente collegandosi al testo di Nietzsche, ci conduce in un viaggio alla scoperta della psicologia dell’Uomo, la cui esperienza secondo Jung non può essere concepita senza quell’anelito alla ricerca di senso della vita e della spiritualità, che si può esprimere anche attraverso l’esperienza religiosa.

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1 Comment

  1. Dianora Tinti 29 September 2013
    Rispondi

    Un libro difficile, profondo, sapientemente recensito da Paolo Verucci, scrittore.

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