‘Una vita di inganni’ di Maurizio Mos
Una vita di inganni
di Maurizio Mos
(2025, CF editore)
Chi è l’autore
Maurizio Figone, pseudonimo Maurizio Mos, nasce a La Spezia nel novembre del 1951. È in pensione dal 2013 e, da allora, si è appassionato alla scrittura di gialli.
Ama la campagna, dove si rifugia nella vecchia casa di famiglia nei fine settimana, si dedica alla fotografia e a lunghe passeggiate. Ama gli animali, i gatti, in particolare.
Nella scrittura cerca di prendere esempio da Olivieri, Simenon, Ross MacDonald, Donald Westlake, Chandler. Per l’eleganza, con qualche ombra, Rex Stout e S.S. Van Dine. Fra i suoi libri preferiti: Il Gattopardo, Il deserto dei Tartari, le opere di Maugham e Steinbeck.
Di cosa parla il libro
Il corpo del commercialista Sergio Alvise viene rinvenuto senza vita nella sua casa di Città di Borghetto. L’uomo è stato ucciso con due colpi di pistola. Le indagini sul morto fanno emergere responsabilità in investimenti dubbi a danno di alcuni suoi clienti, facendo così propendere per il movente della vendetta.
Ma sarà la moglie dell’Alvise, Gloria Parmegiani, ultima rampolla di una famiglia di ricchi costruttori, a svelare un sordido retroscena. Sergio Alvise l’ha prima ingannata sposandola per puro interesse, poi le ha impedito di separarsi, ricattandola. La bella vedova, però, ha un alibi: al momento del delitto era nella villa in campagna, con amici.
Le indagini, complicate anche dal verificarsi di alcuni furti, si allontanano dalla donna. Si orientano verso il figlio della prima moglie della vittima, Massimo Contini, che odiava il patrigno ritenendolo colpevole della morte di sua madre. Ma proprio quando tutti gli indizi sembrano convergere su di lui, un altro morto, il terzo, si aggiunge ai precedenti. Sarà proprio studiando quella morte apparentemente inspiegabile che Tiburzi risolverà il caso.
Cosa ne penso
Di recente uscita, Una vita di inganni è la nuova fatica letteraria dell’autore ligure Maurizio Mos. Al centro della narrazione tre delitti strettamente legati tra di loro. Una scia di sangue che si allunga sull’immaginaria Città di Borghetto in cui apparire è d’obbligo e per farlo si è determinati a scendere a qualsiasi compromesso: per denaro e interessi personali non si guarda in faccia a nessuno.
Sembra di udirla, in sottofondo, la voce dell’autore redarguire i suoi personaggi. L’inganno, la manipolazione, il ricatto, tutto ha un costo, un costo altissimo, la vita stessa. Ad armare la mano, vendetta e avidità. La prima, in questa storia, è un piatto che va servito molto freddo; la seconda è protagonista indiscussa.
Quanto all’assassino, mente come respira, e sa come ottenere la cieca obbedienza dei suoi complici. Ha obiettivi da perseguire e, in nome di quelli, è disposto a tutto. Non ha esitazioni, rimorsi, un briciolo di coscienza.
Il lettore segue passo dopo passo le indagini del vice questore Giulio Tiburzi, prossimo alla pensione, l’addensarsi dei sospetti, i possibili moventi, in una cronistoria dettagliata, frutto di consumata abilità nella gestione dell’intreccio e nella caratterizzazione dei personaggi.
Maurizio Mos mostra l’usuale delicatezza nel maneggiare le emozioni. In questo caso, quelle dell’esperto vice questore e lo fa in punta di piedi. Mette in risalto tutta la sua carica umana, integra nonostante il contatto quotidiano con brutture e orrori di ogni tipo, diretta conseguenza del mestiere che svolge con passione e serietà.
Dialoghi, introspezione e azione sono sapientemente dosati per offrire un’esperienza di lettura piacevole, complice anche una prosa visiva che fotografa scenari ed eventi con vivida precisione.
Recensione a cura di Daisy Raisi, scrittrice e promotrice culturale.