Fumetti : “Don Camillo – Il cadavere vivente”

Fumetti : “Don Camillo – Il cadavere vivente”

“I fumetti sono le favole per gli adulti.”
(Stan Lee)

Nel lontano 1948 venne pubblicato il libro Don Camillo, scritto da Giovannino Guareschi edito Rizzoli, e nel 1952 venne realizzato il primo film della fortunata serie. I primi due lungometraggi furono diretti dal regista francese Julien Duvivier e videro cme protagonisti l’attore Fernandel, nel ruolo di Don Camillo e GIno Cervi in quello del nemico/amico Peppone, ambedue entrati immediatamente nell’immaginario collettivo dell’Italia del dopoguerra.

Nel 2019  è uscito il fumetto Don Camillo – Il cadavere vivente, sceneggiato da Davide Barzi,  Edito ReNoir Comics, e illustrato da Francesco Bisaro che ringraziamo, insieme a Fausto Bailo e alla Premiata Libreria marconi di Bra (Cn),per averci concesso questa intervista.

Francesco Bisaro, illustratore

Ci parli di lei e di come è nata la passione per l’illustrazione…

“Beh, dunque, da poco ho compiuto 45 anni , completamente nerd e adoratore della cultura popolare. Da questo punto di vista, ritengo di essere una persona prevedibile e quasi stereotipata ma, pazienza, mi piace così. Recentemente ho maturato l’idea che la mia passione creativa sia stata una condizione presente al momento della mia creazione, o giù di li.

 

 

Sono stato creato per adorare il fumetto e l’illustrazione. Adoro far solo quello, non m’interessa altro che non attenga, sfiori o che abbia assonanza con questo tipo di mestiere. E’ la base del mio essere. Credo avessi cominciato a copiare vari Topolini e vari Coccobill già dal seggiolone. Ho perseverato con costanza ostinata. Noto, che pur non avendo passione come me per il disegno, mio figlio mostra già a 9 anni una predilezione artistica e creativa. Quindi presumo che la forza scorra potente, nella mia famiglia. Ne farò un padawan”.

Come è avvenuto il suo incontro con la casa editrice ReNoir Comics?

Fortunosamente. D’altronde, senza un pochino di fattore C, non avremmo nulla. Il 2012 e il 2013 sono stati un periodo di bonaccia pressoché totale. Via messenger ho scritto al mio collega ed amico Roberto Meli ed in maniera colloquiale gli ho fatto presente che non battevo chiodo.

Proprio non c’era verso. Zero contatti, zero commissioni, zero titoli. Lui in quel periodo stava lavorando ai primi numeri per il Don Camillo a fumetti. Collana di cui non sapevo nulla, peraltro. Il RoB ha fatto presente al Davide Barzi che esistevo. Da lì, il fattore C di cui accennavo prima e soprattutto la pazienza del Barzi mi ha consentito, dopo un paio di provini alle tavole, di poter accedere allo staff. Collaborazione che continua ancora oggi, e che spero che continuerà ad essere sino alla fine del mondo.

Quindi, in sintesi, sappiate che la colpa di tutto son del Meli e del Barzi, che non finirò mai di ringraziare“.

A che punto è entrato a far parte del progetto editoriale Don Camillo?

“Appunto, facendo seguito al discorso di cui sopra, entro di brutto e con cinque storie (una cinquantina di tavole) nel numero 9 della serie Miseria. Una bella prova di fiducia, da parte della Renoir, mi son detto. La redazione mi ha affidato, da quel numero, da una a cinque storie ogni numero da lì sino al 16, credo. Ho comunque continuato a presenziare, se non come autore, come collaboratore al lavoro degli altri apponendo i grigi alle loro chine”.

Come è nato l’albo speciale: Il cadavere vivente?

“L’albo in questione continua l’esperimento di poter unire in qualche modo il mondo di Don Camillo a Diabolik. Il tutto nasce, da quel che so, un paio d’anni fa; quando s’è voluto prendere spunto da una frase di Guareschi tratta dal volume Vita con Giò – Vita in famiglia ed altri racconti, dove nominava Diabolik.

C’era qualcuno lassù: un pezzaccio d’uomo che pareva uscito da un romanzo a fumetti. Tuta nera, guanti neri ed un passamontagna nero che gli lasciava scoperti solo gli occhi. “Reverendo” disse quella specie di DIABOLIK, “ci penso io”. “Veleno!”, disse Don Camillo, “come mai ti sei conciato così?

Il volume in questione, Il cadavere vivente, fa seguito (ma non ne è il sequel), dell’albo Un notturno che non fa dormire illustrato magistralmente dai colleghi Alberto Locatelli, Tommaso Arzeno e Marco Villa.

Entrambi i numeri sono stati prodotti da Cartoon Club di Rimini“.

Quale tecnica grafica ha utilizzato per la creazione delle tavole?

“Ho utilizzato la tecnica grafica comune con tutte le altre realizzazioni per don Camillo, con una eccezione. In genere, bozza e layout vari a Photoshop, poi trasposizione sul foglio da disegno per le chine ( pennarello e qualche colpo di pennello), poi di nuovo riscannerizzati a 600 dpi, puliti digitalmente dalle varie sporcature ed infine, sempre a Photoshop, aggiunta del livello dei grigi.

 

L’eccezione di cui facevo cenno prima, è che stavolta ho trattatto le vignette su fogli F4 senza griglia o chiusure, ma aperte. Questo perché è probabile che Il cadavere vivente verrà inserito in seguito nella collana regolare. Quindi per me è più facile inserire le vignette complete in due formati diversi, in due tempi diversi. Ora nel formato pocket di Diabolik, ed in futuro nella tavola a 4 strisce della Renoir Comics“.

Com’è nata la bella idea di inserire dentro il fumetto, un cameo per il maestro del brivido?

“Beh, quello è il merito del Barzi, che ha scritto una storia che trasuda Hitchcock da varie parti. Atmosfere dark, Io confesso di Hitchcock appunto, ma nel cinema Fulgor, che sta a Rimini. Quindi si interseca Don Camillo, Rimini, Diabolik ed Hichcock. Niente male, no? Grande Davide Barzi“.

Secondo lei, come si spiega la grande popolarità dei personaggi nati dalla fantasia di Guareschi?

Giovannino Guareschi fa breccia ed è l’autore italiano più tradotto al mondo, perchè parla con linguaggio semplice ed efficace che tutti comprendono ed a cui tutti, più o meno, possono identificare le proprie vicende personali. Perchè narra di quel che accade fuori della porta, che potrebbe benissimo essere quella di ognuno di noi, nel paese che potrebbe essere il nostro.

Le dinamiche che lui analizza, l’animo umano, sono comuni a tutti. Non solo qui in Italia, ma nel mondo. Abbiamo un Guareschi giovane, Don Camillo. Poi abbiamo un Guareschi più anziano, Peppone, che ha i suoi tratti, quelli che tutti conosciamo. Il cinema ci ha abituati ad una versione parecchio edulcorata delle vicende che muovono il paese della Bassa. Ma le storie di Don Camillo son dure, come la vita”.

Progetti per il futuro?

Continuare a fare il mestiere per cui ho dato così tanto, finora. Perchè, come ho già detto, lo adoro.  E’ la base del mio essere. E dato che è quel che sono e che voglio essere, è anche il mestiere chespero di poter fare fino a 10 secondi prima di morire. Amen”.

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