‘Fioriranno i giardini a Brera’ di Gianna M. Venier

‘Fioriranno i giardini a Brera’ di Gianna M. Venier


Fioriranno i giardini a Brera
di Gianna M. Venier
(Ed. L’Orto della Cultura)


Chi è Gianna M. Venier

L’autrice vive e lavora a Udine. Il forte interesse per l’arte e per la letteratura l’ha portata diventare punto di riferimento per l’associazione Cultudine Eventi, soprattutto nell’organizzazione di eventi letterari. Dopo il suo primo romanzo Il Raggio di Sole (2015), vincitore del premio speciale giuria Franz Kafka Italia, e la cura de I Docili Rumori delle Offese (2017), pubblica L’Egida di Atena (2018) e La Giostra Spezzata (2019).

Di cosa parla

I protagonisti sono una madre e il figlio molto uniti, forse anche troppo. Enrico cerca di spiccare il volo, con l’aiuto dell’empatica Doris. La madre, invece, tenta di riacciuffare una vita ormai lontana da lei, quella di Madame. La donna gira tutta l’Italia alla ricerca di una felicità effimera, come i rapporti con gli uomini che incontra. Nel frattempo, qualcosa di terribile è in agguato.

 

Navigare fra le acque di Fioriranno i giardini a Brera è un po’ come farsi cullare prima di un risveglio, brusco, emozionante, a volte persino crudo, eppure capace di rigenerare la necessità di una nuova primavera.” (Paolo Patui)

Cosa ne penso

Le vicende narrate sembrano avere un retrogusto amaro. La valutazione è solo mia, non so quanto possa essere condivisa dal lettore, attratto dalla trama e dal brillante ritmo della scrittura di Gianna Venier, e perciò in attesa di sapere ‘come va a finire’ , e forse non è condivisa nemmeno dall’autrice.

Il prima, l’insieme degli antefatti, è una vita troppo spesso come-al-solito, con la protagonista che svaria, dalla fantasia di una relazione sentimentale o erotica, a qualche avventura vera e propria, con tanto di partner in carne ed ossa, al quale darsi senza incertezze, entrambi attizzati.

Il primo partner che incontriamo è attratto dalla donna che gli si concede, anzi che vuole concedersi a lui. È una splendida donna, Madama. Lei, la Madama di nome Doriana, lo vuole perché era questo il suo scopo. In ogni modo interrompere il come-al-solito, non importa se con un maschio alfa dei quartieri alti, oppure con un ometto buffo, tutto tranne che alfa, ma interessante per lei, grazie alle comuni frequentazioni d’arte

I momenti d’amore, peraltro, non sono risolutivi dei problemi esistenziali di Madama. Ogni volta, alla fine dell’avventura, che sia una fine temporanea o definitiva non importa, al termine di un episodio amoroso e prima di quello successivo, lei rimane sola. Sola con i suoi dubbi nascosti e incertezze sul che cosa, e con chi, quando e dove, vivere altri momenti allo stesso modo: intensi, degni della cultura, della sensibilità, del gusto di persone speciali come Madama.

Una citazione dell’autrice, una delle tante, una frase del De profundis di Oscar Wilde fa da cornice alle vicende: ‘Chi vive molte vite, avrà anche molte morti‘.

Poi la paresi, non soltanto di Doriana ma di tutta l’umanità, il carogna-virus, così felicemente rinominato dall’autrice.

È come una pausa di non-vita, tra un prima e un dopo, spezza e taglia tutto quello che c’era prima, qualche volta in modo definitivo, in molti casi lasciando la speranza che si tratti solo di una interruzione, che quello che c’era prima forse ricomincerà, che ci sarà ancora una continuazione, una volta passato il contagio.

A volerla dire tutta, non sembra che quella di Doriana, prima, fosse una vita di continuità. Lavventura centrale, quella iniziata a Firenze, è nata proprio dalla sua voglia inarrestabile di discontinuità, di vivere qualcosa di altro: un altro dal sé di ieri, in un altro luogo, in un altro ambiente sociale, con un’altra persona. Un’altra vita, meglio dire, il frammento passionale di un’altra vita.
L’altro da vivere è cercato con ostinazione, a patto che siano rispettati due requisiti.

Il primo è che la situazione, la storia, la relazione sia assolutamente diversa dal quotidiano che Doriana vive.
Il secondo requisito ha attinenza con i gusti esclusivi da assaporare nella nuova storia: bellezza, raffinatezza, luoghi che hanno un senso fuori dell’ordinario e, oppure almeno, momenti vissuti in ambienti e con esperti e appassionati dell’arte e dei luoghi dell’arte.

Più che una continuità di vita, quella vissuta dalla protagonista prima del covid, è una successione di eventi staccati, ognuno con un suo inizio e una sua fine, ma se la successione temporale fosse a rovescio, non cambierebbe nulla.

 

Il carogna-virus, comunque, ferma e taglia tutto, i rapporti di amicizia, le corrispondenze, i lavori in corso, le stagioni delle vacanze, le rassegne d’arte, l’andamento degli affari, i rapporti di lavoro, le relazioni amorose: interrompe la vita degli umani.
Quasi tutto, ma non proprio tutto, potrebbe rinascere dopo. Forse.

 

Le perdite, le paure, i dolori della sciagura chiamata covid, saranno superati con il lento ritorno al tutto come prima, in qualche caso al ‘quasi tutto come prima’, visto che sono venuti a mancare alcuni pezzi dalla scacchiera della vita di ognuno. Pezzi magari considerati marginali, prima, non più adesso che sono venuti a mancare.

 

Tutto lascia intendere, anche se l’autrice non ne fa cenno, che Doriana cercherà di completare la sua personale scacchiera, di sostituire i pezzi mancati con altri eventi, con altri momenti di vita, con un altro cavallo partner-occasionale-continuo, con un altro alfiere, con un maschio alfa e, oppure con, un maschio insignificante, quasi buffo, capace comunque di regalarle la disperata speranza di poter riattaccare insieme i pezzi della sua vita scucita.

NOTE (ai margini): come già detto, la musicalità della scrittura, leggera, scorrevole, inganna il lettore, lo porta avanti, lo induce a leggere senza fermarsi, nell’ansia di vedere come va a finire.
E invece, è meglio leggere le sue parole ad alta voce, ascoltarle e gustarne il ritmo.


Recensione a cura di Giovanni Scalera, scrittore


 

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