Una canzone per ricordare il genocidio degli Armeni

Una canzone per ricordare il genocidio degli Armeni

Con questa intervista a Rita Tekeyan, si conclude il ciclo di “chiacchierate” artistiche dedicate alla memoria, per non dimenticare.

Abbiamo scelto proprio lei, perchè è l’autrice della canzone:Yes Kou Aperet, brano che ricorda il genocidio degli Armeni avvenuto nel 1914 – 1918.

Figlia della cultura multietnica, RitaTekeyan racchiude nei suoi occhi la bellezza delle arti e nel suo spirito la forza della primavera…

Ancora una volta grazie a Fausto Bailo e alla Premiata Libreria Marconi di Bra (Cn) per aver reso possibile questa intervista.

“Mi dispiace, ma io non voglio fare l’Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti.

 

La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità.

 

Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.

 

Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un’anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!

Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di San Luca è scritto: “Il Regno di Dio è nel cuore dell’uomo”.Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera; di fare di questa vita una splendida avventura.

 

Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore! Che dia a tutti gli uomini lavoro; ai giovani un futuro; ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse, e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere; eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!

 

Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah: le nuvole si diradano, comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall’oscurità verso la luce, e vivremo in un mondo nuovo: un mondo più buono, in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah: l’animo umano troverà le sue ali, e finalmente comincerà a volare. A volare sull’arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro… il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù.

(Charlie Chaplin – Il grande dittatore)

Rita, ci spieghi un po’ chi sei e com’è nata la tua passione per la musica?

“Mi chiamo Rita Tekeyan, sono nata in Libano e sono di origine armena. Sono un architetto appassionata di musica e di arte in tutte le sue forme dalla musica, alla danza, pittura, fotografia, disegno, scultura, teatro, poesia etc., alla fine l’arte è un modo per trasmettere sentimenti, ed esprimere le proprie idee e modo di vedere il mondo.

Rita Tekeyan

La mia passione in particolare per la musica c’è stata da quando ho ricordo; da piccola mio padre mi accompagnava al coro di canto armeno di cui faceva parte, mio zio batterista ci faceva ascoltare vari tipi di musica dal rock al pop, ai Beatles e musica anni ’60 e 70.

A casa si ascoltava sempre musica tradizionale armena, musica mediorientale, musica egiziana, musica classica, contemporanea e moderna, questo mix di suoni e musiche di culture diverse mi ha arricchita molto. Da adolescente mi sono avvicinata all’ascolto del Rock, Metal e tutte le sfumature, inoltre alla musica anni ’70 e ’80.

In adolescenza mi ero iscritta al Conservatorio libanese dove studiavo pianoforte e solfeggio, prendevo anche dei corsi di canto lirico, inoltre cantavo in un coro di canti armeni. Mi sono avvicinata anche alla Danza classica, contemporanea e moderna dove seguivo vari corsi, era sempre un modo per me per sperimentare con la musica e viverla.

Ho vissuto la guerra civile a Beirut in Libano e questa ha influenzato molto la mia visione del mondo, inoltre provenendo da una famiglia dove i miei nonni erano orfani sopravvissuti al Genocidio Armeno, sono cresciuta con troppe immagini di guerra, violenza e ingiustizia, avevo questa incessante necessità di non dimenticare, di cercare le tracce nel passato, di cercare di capire dove appartiene la mia identità, le mie radici. Quando ho iniziato a scrivere i miei testi e brani, il mio era solo un modo di esprimere la mia rabbia contro questa realtà, infatti la mia musica è un Manifesto contro la guerra”.

Quali sono i tuoi cantanti di riferimento?

“Posso dire i cantanti e i gruppi che mi hanno influenzato e che mi ispirano, sono davvero tanti: David Bowie con la sua unica personalità e originalità, Janis Joplin con la sua grinta e voce inconfondibile, Black Sabbath, Led Zeppelin, Pink Floyd, Peter Murphy, Bauhaus, Velvet Underground, Beatles, John Lennon, Queen, Rolling Stones, Depeche Mode, System of a down (band di origine armena, anche loro nei loro testi e con la loro musica parlano spesso del Genocidio Armeno).

 

Poi Serj Tankian (il frontman dei SOAD che ho avuto il piacere di conoscere di persona ed è un grande artista di talento e persona molto umile. Attivista convinto, con la sua musica denuncia tante ingiustizie nel mondo, sia guerre che genocidi, oltre a temi ambientali). Anche Dead Can Dance, Lisa Gerrard, Demetrio Stratos un grande sperimentatore della voce, Diamanda Galàs, anche lei unica con la sua voce, e nel suo percorso e sperimentazione Komitas (musicologo armeno) “.

Come è nata la canzone Yes Kou Aperet?

“Avevo appena letto il libro di mio nonno Avedis Tekeyan:La Tragedia degli Armeni di Behesni 1914-1918 pubblicato a Beirut nel 1956, sentivo il bisogno di scrivere una canzone nella mia lingua madre, ma non mi sentivo ispirata di creare un testo ex-novo. Avendo in mano questo tesoro cosi prezioso, perché non rendere omaggio al mio nonno e non dare voce e musica a una poesia scritta da lui?

Yes Kou Aperet è proprio la prima poesia che apre il capitolo delle poesie che concludono questo libro, che narra le testimonianze dei sopravvissuti del Genocidio Armeno. Mio nonno, proprio all’inizio di questo libro raccomanda a tutti di leggerlo ai propri figli e di tramandare di generazione in generazione per non far dimenticare ciò che è successo.

Nonostante la tragicità del tema del libro, le sue poesie sono nostalgiche, melanconiche, parlano dell’amore per la propria terra, la propria patria, parlano della solitudine, della lontananza, di quanto è difficile essere lontani dalla propria terra, cultura e dai propri cari”.

Ti è già stata proposta una collaborazione musicale?

Ho all’attivo tantissime collaborazioni, con Michele Gazich e Francesco Paolo Paladino ad esempio.
Il mio brano “Yes Kou Aperet” è stato incluso nell’album “Snowflakes IV” prodotto da At Sea Compilations progetto non-profit tedesco, l’album include altri brani di artisti da tutto il mondo.

L’altro mio brano “Deep Dark Well” è stato incluso invece nell’album “Expressionism Noir” (Do What Thou Wilt Records).
La mia versione di “September Sun” si trova nell’album “This Man of Steel” dedicato a Peter Steele dei Type O Negative (Darkitalia) dove hanno partecipato altri band da tutta l’Italia.

La mia versione di “Paint it Black” fa parte del doppio album “Stoned Towndedicato al 50esimo anniversario dei Rolling Stones, prodotto da Martiné Records e uscito nel Dicembre 2013.

Inoltre, ho ricevuto recentemente una richiesta di collaborazione per un contratto discografico con un etichetta italiana indipendente che sto valutando.

Progetti per il futuro?

“Attualmente sto lavorando su degli inediti che avevo scritto negli anni passati, che vorrei raccogliere in un album intero che spero uscirà nel prossimo futuro, sono un seguito al mio Manifesto Anti-War che completano quel ciclo di brani.
Un altro progetto è quello di tradurre il libro di mio nonno“.

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