‘Pino Daniele’: intervista esclusiva a Pietro Perone
Pino Daniele.
Napoli e l’anima della musica, dal Mascalzone latino a Giogiò
di Pietro Perone
(San Paolo edizioni, 2024)
A dieci anni dalla sua scomparsa, Pino Daniele rimane un simbolo intramontabile per più generazioni. Erano i primi giorni del gennaio 2015 quando il musicista ci lasciò improvvisamente, a nemmeno sessant’anni, in seguito ad una letale crisi cardiaca. La commozione per la notizia della sua scomparsa fu condivisa da migliaia di persone, non soltanto in Italia.
Pietro Perone, caporedattore di Il Mattino di Napoli, ha reso omaggio al cantante, all’autore, al poeta e all’uomo con questo libro molto sentito, per nulla didascalico. Un viaggio nella Napoli di ieri e di oggi attraverso i suoi brani e i luoghi dai quali l’artista ha tratto ispirazione per le prime, intramontabili canzoni di sferzante denuncia. Una città che per Pino Daniele è sempre stata madre e matrigna, tanto che ora le sue ceneri non riposano a Napoli, ma in Maremma nel cimitero di Magliano in Toscana (GR).
Chi è Pietro Perone
Autore di libri, da giornalista ha seguito per anni le vicende politiche del nostro Paese, dopo essersi occupato a lungo di criminalità organizzata e aver seguito l’inchiesta sul delitto del collega Giancarlo Siani che ha portato alle condanne di mandanti e killer. È caporedattore di Il Mattino di Napoli.
Ama la sua città, conosce il suo straordinario carattere e, anche grazie allo sguardo disincantato di un artista come Pino Daniele, non teme di chiamare con il loro nome le sue tragiche contraddizioni. È autore del libro Don Riboldi 1923-2023, il coraggio tradito, edizioni San Paolo, dedicato alla figura del vescovo anticamorra a quarant’anni dalla prima rivolta dei giovani contro le mafie.
Chi è Giogiò citato nel titolo?
Giovanbattista Cutolo, detto Giogiò, era uno studente modello che frequentava uno storico Conservatorio napoletano: il San Pietro a Majella. Istituto che Pino Daniele avrebbe sempre voluto frequentare senza riuscirci. Il ragazzo aveva solo diciassette anni ed era una promessa della musica sinfonica, suonava il corno, quando fu ucciso con tre colpi di pistola per aver parcheggiato nel modo sbagliato il motorino. E cosa c’entra questo con Pino Daniele, si domanderà?
Sì, stavo per chiederglielo…
Ho ripensato ai miei colloqui con Pino Daniele il 31 agosto 2023, giorno in cui è stato ucciso Giogiò. Mi sono chiesto: Napoli è ancora la città del Mascalzone latino? Un ragazzo innocente ha perso la vita a pochi metri di distanza dal Teatro Mercadante, proprio nei luoghi di Pino, di fronte ad una città incurante che sogna una rinascita economica che ancora non è arrivata. Lo stesso sogno di Pino, quello di una rigenerazione sociale e culturale.
Lei che rapporto aveva con Pino Daniele?
Ci siamo conosciuti per caso sulla spiaggia di Sabaudia agli inizi dell’anno duemila. Le nostre figlie, la mia Sarah e la sua Sara, erano diventate amiche. Io lo riconobbi subito. E chi non lo conosceva? Mi sono tenuto in disparte per non essere invadente. Poi un giorno si è avvicinato lui. Piacere Giuseppe Daniele, ma tutti mi chiamano Pino…
Gli dissi che le presentazioni erano superflue. Avevo assistito a decine dei suoi concerti. Ero presente anche a quello, indimenticabile, del 1981 in piazza Plebiscito: duecentomila giovani arrabbiati e sognanti.
Nei momenti trascorsi insieme non abbiamo mai parlato di musica, solo di Napoli. Deluso anche lui, come me, per una rinascita mai avvenuta, per le speranze tradite, per una camorra sempre più pervasiva.
Pino Daniele ha denunciato con le sue canzoni ingiustizie e drammi storici della città partenopea…
Lo ha fatto costantemente, con rabbia, versi realistici e corrosivi, cercando di smuovere le coscienze, anche se spesso la bellezza della sua musica ha fatto passare in secondo piano il significato delle parole. Passioni politiche, impegno e coscienza civile, la sua canzone era allo stesso tempo popolare e politica, sofisticata e didattica, impegnata e pop. Ma in pochi se ne sono accorti.
Aveva scommesso anche su Nisida, il carcere minorile che ha inspirato serie tv come Gomorra o Mare fuori. Nelle fiction appare come il luogo dove è possibile rifarsi una vita, imparare un mestiere, avere un rapporto costruttivo con gli operatori carcerari. Nella realtà, invece, accade tutt’altro. Pino Daniele voleva fare qualcosa per quei ragazzi, come a suo tempo aveva fatto Edoardo De Filippo puntando sul teatro. Un teatro costruito grazie al grande drammaturgo, ma andato alla malora. Si parla di ristrutturarlo, si parla… Nulla di quanto da loro sognato è stato realizzato, né a Nisida né nell’ex convento, ora in rovina.
Saputa la notizia della sua morte, centomila napoletani lo commemorarono con le lacrime agli occhi in piazza Plebiscito, cantando alcune delle sue più note canzoni. Le sue ultime volontà furono però quelle di essere seppellito in Maremma. Perché non Napoli?
Pino Daniele ha amato Napoli più di se stesso e si autoesiliato, non senza dolore. Pur esibendosi in tutto il mondo, il dialogo con i napoletani non si è mai interrotto: ha sempre parlato a loro.
Una volta mi confidò un sogno ricorrente. Immaginava di mollare tutto, di ritirarsi dallo show businnes e ritornare là da dove era venuto. Nella casarella di mammà, una stanza e un mezzanino. Diceva che gli sarebbero stati sufficienti e che i figli, una volta grandi, sarebbero potuti andare là a trovarlo. Capii, ancora di più, lo smisurato e incondizionato amore per la sua città.
Napoli però non ha sempre ricambiato il suo amore. Tante sono state le delusioni patite da Pino che lo hanno indotto ad allontanarsi fisicamente da Napoli. In vita, già rockstar internazionale, spesso gli sono stati negati luoghi importanti dove potersi esibire.
Si parlava anche di intitolargli l’aeroporto di Capodichino che ancora un nome non ce l’ha, invece il comune di Napoli gli ha intitolato un budello buio e dimenticato, lungo appena trenta metri. Attaccato alla parete del vicolo una chitarra in ferro donata non dalle istituzioni ma dal popolo innamorato, come attesta la firma del gruppo di cittadini che l’ha installata. A Maradona hanno intitolato lo stadio.
A chi consiglia questa lettura?
Con questo libro sono venuto meno ad una promessa fatta a me stesso. Ciò di non parlare dei miei rapporti personali con Pino. Le vicende di cronaca, tristi e scoraggianti, mi hanno convinto invece che c’è il rischio che si perda la memoria di Napoli e quello che lui, Edoardo, anche Massimo Troisi, hanno cercato di fare e di dire per migliorare questa contraddittoria e splendida città.
Mi auguro che i giovani, ma anche i loro genitori, leggano queste pagine e vi trovino spunti di riflessione e, forse, anche il coraggio di lottare per un futuro migliore e libero.
Intervista a cura di Dianora Tinti, giornalista e scrittrice.